Spesso mi viene chiesto di spiegare cosa faccio nella mia Praxis, quali sono i benefici del mio lavoro o per quali tipi di condizioni il mio metodo è destinato.
Poiché il mio lavoro allevia molti tipi di problemi e può essere d’aiuto in diverse situazioni della vita, trovo sempre un po’ difficile riassumere ciò che faccio. Soprattutto quando “dovrebbe” essere una risposta breve, semplice e chiara.
Ma lavorare con le emozioni, le sensazioni del corpo e le situazioni della vita è spesso ben lontano dall’essere breve, semplice e chiaro 🙂
La risposta più ‘facile’ sarebbe “nel mio lavoro insegno ai clienti a percepire di più il loro corpo, a comprendere meglio i loro schemi automatici per fermarli” e il mio lavoro “allevia i sintomi dello stress e i dolori fisici ed emotivi”. Un po’ troppo impersonale, non credi?
Sono giunta a pensare che il mio lavoro consista principalmente nel creare uno spazio che permetta l’inizio di un processo: il processo di lavoro corporeo che ha luogo nella mia Praxis, ma cosa ancora più importante, un processo di scoperta di sé che ha luogo all’interno del cliente nella sua vita quotidiana.
Questo processo può assumere più forme: a volte è un cambiamento di percezione nel modo in cui la persona considera se stessa, una situazione attuale o passata. Altre volte, si tratta di sbloccare delle emozioni e accompagnare il cliente nel sentirle.
Di sicuro è un processo che aumenta la capacità di percepire – noi stessi e ciò che ci circonda – e la nostra capacità di prestare attenzione. Questi sono strumenti molto importanti nel mio lavoro.
Da questo punto di vista, il “problema” iniziale che porta il cliente nella mia Praxis, è una sorta di invito, a volte un invito molto difficile, a percepirsi (di più) o a percepire parti di sé che normalmente vengono ignorate o messe da parte.
Il lavoro del corpo si basa su questo principio: il corpo cerca di attirare la nostra attenzione su ciò che era stato messo da parte. Allo stesso momento i nostri vecchi meccanismi di difesa si attivano: essi considerano il cambiamento pericoloso e si aggrappano al vecchio modo di essere e di agire, anche se questo modo crea insoddisfazioni, problemi fisici e tensioni eccessive, risultanti in un “problema”, un disagio o dolore.
Alcuni clienti si riferiscono a questo meccanismo dicendo “è il diavolo che si conosce”. È un diavolo, ma un diavolo familiare. Quindi meno spaventoso. Ma non per questo meno pericoloso per il modo in cui riduce la nostra energia, vitalità e gioia di vivere.
Anche nel modo in cui limita la nostra capacità di affrontare le sfide e le nuove situazioni, di definire i nostri limiti e di prenderci cura dei nostri bisogni.
Dunque, nel mio lavoro sostengo i miei clienti nella lotta contro il diavolo che conoscono, con l’obiettivo di espandere la loro capacità di sentirsi vivi e di percepire di più se stessi.
Il “problema” iniziale che porta il cliente alla mia Praxis è un invito a cambiare percezione e a prestare maggiore attenzione ad aspetti e argomenti che sono stati ignorati, congelati o la cui importanza è stata sottovalutata.
Come sempre, sarò felice di aiutarti a combattere il diavolo che conosci!
Questo video illustra molto bene il mio approccio lavorativo!