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Cambiare il Nostro Stato Interno

Quest’anno, per la terza volta, Un Giorno per Respirare ci ha regalato delle esperienze corporee profonde e preziose.
Vorrei iniziare dicendo che sono molto fortunata ad avere sempre nelle mie attività dei partecipanti adorabili: persone disposte a sfidare se stesse, capaci di seguire le mie istruzioni ed a dare fiducia al proprio corpo.
Ho bisogno di menzionare questo aspetto perché può sembrare evidente, ma non lo è: anche quest’anno mi sono sentita onorata dal privilegio di guidare un gruppo così bello e ingaggiato.

Anche se pratico l’attenzione e la consapevolezza al corpo da più di 20 anni, continuo ad essere sorpresa e impressionata da quante informazioni troviamo racchiuse nel nostro corpo. E quanti strumenti sono potenzialmente accessibili grazie al fatto di avere un corpo.
È talmente ovvio che è passa inosservato. In teoria, sappiamo che muovendo e impegnando maggiormente il corpo in un’attività si provoca – molto probabilmente – un cambiamento nello stato mentale ed emotivo.

Tuttavia, quando ci troviamo in determinati stati, modificarli può risultare estremamente difficile. È come se ne fossimo prigionieri.
A quali stati mi riferisco? Sentirsi bloccati, sentire l’impulso di proteggersi stando sulla difensiva e chiudendosi… Stanchezza, impotenza, mancanza di concentrazione, demotivazione sono tutti potenziali ostacoli che rendono difficile cambiare il nostro stato interiore. Ma, paradossalmente, ci forniscono un’esperienza familiare. Un’esperienza nota e persino stranamente confortevole.

Possiamo soffrirne, ma la familiarità è confortante e dà un falso senso di controllo: dà l’impressione di sapere chi siamo e cosa sta succedendo. Può confermare la convinzione di non essere amati, di essere insufficienti, di non essere abbastanza. Che dobbiamo essere responsabili di ciò che accade attorno a noi. Che il mondo sia solo tradimento e ostilità. Che siamo sfortunati.

In questi momenti, impegnarsi nel movimento – respirare, fare esercizio o cambiare attivamente la focalizzazione della nostra attenzione – significa entrare nell’ignoto. Richiede coraggio e motivazione – qualità che i miei partecipanti hanno manifestato – e pratica.
In effetti, diventa quasi impossibile cambiare il nostro stato interiore quando la pratica di connetterci con il corpo manca.
Senza questa pratica, finiamo per rimanere bloccati provando emozioni negative. Questo non è solo una triste ripetizione del passato, ma anche un’esperienza in cui la fonte di stress e di sensazioni spiacevoli è associata al corpo, invece di essere una fonte di forza e di sensazione di essere vivi.

Perché alla fine, é questo l’obiettivo principale: sentirsi vivi ed essere nel flusso della vita. Così da godere di un corpo che ci permette di notare che sperimentiamo costantemente nuove situazioni, che ci insegnano qualcosa su noi stessi.
La pratica che raccomando é anche un invito ad offrire al nostro corpo più gratitudine e rispetto, indipendentemente dalla nostra estetica, dalla nostra storia e dalle nostre condizioni.
Tutto ciò che ci riguarda – anche il pensiero – è merito del fatto che abbiamo – e siamo – un corpo che ci permette di cambiare il nostro stato interiore.

Foto: parco WWF vicino a Capalbio, Toscana

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